“Già la luna è in mezzo al mare” è il titolo dell’opera dedicata
a
Gioachino Rossini
dell’artista Claudio Di Carlo, frase che costituisce l’incipit di una tra le più famose
trasposizioni colte della Tarantella, intitolata “La Danza” e composta dal musicista su testo di
Bellini. La brillantezza ritmica, che si spinge fino alla frenesia nel fraseggio ripetitivo,
ossessivo e surreale, è ciò che ha catturato l’artista e lo ha ispirato a realizzare un ritratto
rossiniano che va ad aggiungersi alle sue numerose opere dedicate a cantanti e musicisti come Lou
Reed, Nico,Ted Neeley, Ivan Graziani, Domenico Modugno ecc. Ritmo e surrealismo, infatti, sono i
tratti salienti di questo ritratto nel quale Di Carlo smaterializza la corporeità del musicista e la
rende un tutt’uno con l’ambiente che lo circonda attraverso l’introduzione di uno spartito musicale
rossiniano che pervade il suo corpo, denotando una citazione magrittiana. In questa opera dunque è
come se si creasse un circuito diretto fra percezione visiva e percezione auditiva. Un confronto
diverso da quello che tanto aveva impegnato Nietzsche e Wagner o Brecht e Weill sul rapporto tra
parola e suono (Wort e Ton), ma che oggi risulta essere più attuale trattandosi di suono virtuale,
scaturito da un’immagine che di per sé suggerisce un perpetuo viaggiare di onde sonore, di melodie,
di emozioni.
Francesca Pietracci
Nella sua opera "Già la luna è in mezzo al mare", Claudio Di Carlo prosegue il suo
lungo dialogo tra
pittura e fotografia utilizzando un celebre ritratto fotografico di Gioachino Rossini di Étienne
Carjat
e l’immagine di un suo spartito, un’opera dove i pentagrammi attraversano letteralmente il corpo del
grande musicista in una congiunzione ideale tra la fisicità e la corporeità dell’uomo e la presenza
immateriale delle sue note. La manualità del musicista, la sua azione grafica di composizione e di
costruzione della partitura si intreccia dunque alla memoria della sua presenza fisica, in un
confronto
che ci riporta alle origini dell’arte moderna nelle metamorfosi indotte dall’arrivo della fotografia
e
dove lo sguardo stesso di Rossini appare ironicamente volto all’indietro, in un viaggio a ritroso
nel
tempo dove l’opera d’arte si rinnova costantemente grazie all’azione di recupero e creazione di una
pittura che si fonde metaforicamente alla struttura stessa dell’opera musicale.
Lorenzo Canova